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Accuse contro le femministe: un caso con base su … Facebook

TRADUZIONE di Annamaria Pontoglio di un articolo pubblicato da REVISTA PROCESO

foto di J. Raúl Pérez

di Neldy San Martín

22 gennaio 2021

La Procura di Città del Messico ha aperto un fascicolo di indagini contro 13 attiviste per vari reati presumibilmente commessi durante le manifestazioni tenutesi nel 2020. Gli avvocati delle imputate affermano che l’indagine è stata costruita con informazioni pubblicate su un falso profilo del social network.

L’ufficio del procuratore generale di Città del Messico ha aperto fascicoli di indagine contro 13 attiviste femministe per procurate lesioni, danni alla proprietà, rapina con violenza e saccheggio, presumibilmente commessi durante le manifestazioni del 2020, in particolare l’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna. La difesa legale delle imputate parla con Proceso delle irregolarità commesse dalle autorità nei casi. Questo settimanale ha chiesto di raccogliere la versione dell’accusa, che però ha rifiutato l’intervista.

Città del Messico (PROCESO).- “Questa settimana sono stata convocata alla marcia del 25 novembre, mi hanno detto che sarebbe andata bene, che avevano bombe molotov, petardi, martelli, bastoni, mazze; sono tutti molto violenti; Mi hanno detto che vogliono che io faccia parte del Black Block perché stanno formando diversi gruppi e hanno bisogno di qualcuno che li supporti”, diceva uno dei post a nome di “Ana Pérez” su Facebook.

Il presunto profilo è servito affinché, giorni prima dello scorso 25 novembre – la Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne – l’ufficio del procuratore generale di Città del Messico (FGJCDMX) aprisse il fascicolo di indagini contro 13 attiviste femministe e membri della comunità LGBTTTIQA  per lesioni intenzionali, danni alla proprietà, rapina con violenza e saccheggio.

Una delle accusate di questi crimini è Paulina, una studentessa che l’8 giugno aveva partecipato alla sua prima manifestazione femminista per chiedere giustizia per Melanie, una minorenne picchiata da agenti di polizia durante la protesta contro la morte di Giovanni López, a Jalisco, per mano della polizia. 

Un’altra segnalata è Linda, attivista che accompagna le madri delle vittime e che è comune vedere con striscioni nelle proteste per chiedere la fine degli 11 femminicidi quotidiani che, mediamente, avvengono in Messico.

La procura della capitale contesta alle indagate di partecipazione al cosiddetto Black Block e indaga anche su coloro che frequentano le donne che hanno occupato la sede della Commissione Nazionale per i Diritti Umani (CNDH) nel Centro storico di Città del Messico.

Anche Naomí, un’attivista femminista, e Luna, un’attivista trans, che offrono le loro testimonianze subordinate al mantenimento della loro identità, sono indagate come parte dell’indagine annunciata dalla FGJCDMX e condotta dalla Polizia investigativa.

Tuttavia, nonostante il governo della capitale abbia affermato che si tratta di un caso basato sul lavoro sul campo e sull’intelligence, due degli avvocati delle femministe denunciate assicurano che l’indagine sia stata costruita con informazioni pubblicate su un falso profilo Facebook.

Il pubblico ministero incaricato, Ernestina Godoy, ha spiegato in una nota informativa che le indagini sono iniziate a seguito di danneggiamenti a diverse strutture del Centro Storico, saccheggi in grandi magazzini e varie attività commerciali durante le recenti manifestazioni.

La funzionaria ha assicurato che è stato osservato “in ogni momento, il diritto alla libera manifestazione”. Questa giornalista ha chiesto di parlare dei casi con la Procura Generale, ma l’agenzia ha negato l’intervista.

A tal proposito, il capo del governo della città, Claudia Sheinbaum, ha negato che le indagini siano una “caccia alle streghe” e ha affermato che le indagini sono dovute a denunce presentate da “terzi”.

La difesa delle giovani indagate spiega che nel primo fascicolo di indagine (CI-FICUH / CUH-2 / UI-3 S / D / 03022 / 11-2020) aperto lo scorso novembre, non c’è una sola vittima che denuncia rapine o lesioni, e che l’unico denunciante è un presunto agente di polizia che stava “indagando” su Facebook e che ha trovato un post sul social network che “anticipava” gli eventi del “25 N” perché la cartella era stata aperta 24 giorni prima.

Questo testo è un estratto del servizio pubblicato nel numero 2307 dell’edizione stampata di Proceso, in circolazione dal 17 gennaio 2021.

Fonte: https://www.proceso.com.mx/reportajes/2021/1/22/acusaciones-contra-feministas-un-caso-sustentado-en-facebook-256831.html

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