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Anche in Guatemala esplode la protesta contro la corruzione della politica

Di Andrea Cegna
Foto di Asier Vera

Anche in Guatemala esplode la protesta contro la corruzione. Sabato 21 novembre, in migliaia sono scesi in piazza per chiedere un cambio di sistema per migliorare la vita di chi subisce costantemente gli effetti della corruzione. A Città del Guatemala ma anche in altre città.

Come spesso capita gli occhi dei media locali ed internazionali si sono soffermati sugli scontri con la polizia e l’irruzione nel palazzo del parlamento e non che la pandemia da Covid-19, e le misure governative incapaci di rispondere alle necessità delle persone, sta portando in tutto il continente il virus della lotta sociale contro gli squilibri sociali.

La protesta è scattata a causa dell’approvazione, con mozione d’emergenza, del bilancio 2021, con investimenti per 13 miliardi di dollari, il più grosso investimento della storia del paese che però si basa sul taglio dei fondi per istruzione, sanità (nonostante la pandemia) e per la lotta alla malnutrizione, e quindi i fondi sono destinati soprattutto alle grandi opere ed imprese. Il voto a favore del governo ha generato un forte malcontento soprattutto contro il 64enne presidente Alejandro Giammattei, salito al potere a gennaio con la promessa di combattere la corruzione e la criminalità organizzata. Il presidente è responsabilizzato di aver, per ora, solo combattuto le carovane migranti e di non fatto abbastanza per le strutture ospedaliere del paese, anche e soprattutto, in tempo di Covid 19, casi che mostrerebbero come il presidente abbia solo replicato il sistema marcio del paese.

Ma la rabbia è cresciuta anche perchè Giammatei ha deciso di non ascoltare la richiesta congiunta di rifiutare il programma di spesa presentata da organizzazioni sociali, studenti, gruppi urbani, centri di studio, autorità religiose e persino del vicepresidente Guillermo Castillo.

Le migliaia di persone che hanno invaso il centro della capitale arrivando in Plaza de la Constitución hanno chiesto con forza le dimissioni del presidente Alejandro Giammattei e di tutto il parlamento. Intere famiglie si sono unite alla chiamata, che ha avuto un massiccio sostegno dall’Associazione degli Studenti Universitari di San Carlos. Due grandi striscioni, uno con l’immagine del Capo dello Stato e la frase ¡Renuncia Ya! e un altro dei vari deputati con lo striscione “Traidores!” sono stati posti di fronte al Palazzo Nazionale della Cultura, pesantemente presidiato dalla polizia.

La repressione della polizia è stata molto dura. Già prima dell’assalto al palazzo del parlamento, le forze di sicurezza guatemalteche hanno sparato gas lacrimogeni e caricato duramente la manifestazione. Dalle vie laterali della piazza la polizia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere la piazza che invece si è fatta forza e nonostante alcuni momenti di dispersione è poi tornata a compattarsi. Dopo l’attacco al palazzo del governo la violenza è cresciuta di livello, con la polizia che ha arrestato diverse decine di persone, mandato all’ospedale centinaia di manifestanti, uno dei quali ha perso un occhio.

“La repressione non è la strada giusta. La responsabilità del malcontento e delle proteste sociali ricade sul Congresso e sul Presidente della Repubblica perchè han voltato le spalle al popolo. Chiedo rispetto per i manifestanti”, ha twittato il deputato dell’opposizione Walter Félix di Unità Rivoluzionaria Nazionale Guatemalteca.

Le persone presenti al Plaza hanno caricato sui social dei video in cui si vede il fitto lancio di lacrimogeni. “Nemmeno Otto (Pérez Molina) ha messo la polizia in piazza. Ci sono bambini e anziani qui. Non c’è vandalismo. Ingiustificabile. Vergognati Giammatei”, sono state alcune delle grida della piazza dopo le cariche di polizia. Altri si sono chiesti se il Congresso fosse stato protetto dalla polizia e come mai è stato così facile entrare nel palazzo del governo e quindi se ci fosse stata la volontà di provocare per delegittimare le manifestazioni. Com’è successo nel 2015 il popolo di Guatemala è sceso in piazza per chiedere che il presidente se ne vada, questa volta il presidente è Giammattei ed il suo governo sta vivendo la prima crisi di governo.

Come sagacemente indica il giornalista Asier Vera su twitter “I governatori dei paesi limitrofi al Guatemala, come Honduras ed El Salvador, dovrebbe temere per l’effetto domino che possono avere le proteste contro la corruzione. L’intera regione potrebbe essere infettata dal virus dell’indignazione per il quale non esistono vaccini”.

E mentre la piazza era piena anche sui social network, principalmente Twitter, si è svolta una giornata di denuncia contro il governo.

“Ehi, signor deputato, ricordati del potere che le persone ti hanno dato! Ehi, signor presidente, ricordati di quello che hai offerto alla gente! Ci siamo riusciti nel 2015, possiamo riuscirci oggi” sono alcuni dei messaggi lasciati sui social da chi non è sceso nelle diverse piazze delle diverse città del Guatemala. E già si parla di sciopero generale, nazionale, il 23 novembre.

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